La filiera del latte

La filiera del latte è l’insieme delle fasi di produzione che dalla materia prima portano al prodotto finito: dalla scelta del bestiame alla distribuzione del prodotto nei punti vendita, passando attraverso il settore mangimistico, zootecnico e sanitario, le tecnologiche di lavorazione, i trasporti, gli stoccaggi e le transazioni commerciali. Si pensi alla filiera come ad una catena ancorata al consumatore finale, dove gli anelli rappresentano le singole fasi di produzione; è facile comprendere che, se pur uno solo degli anelli non funziona, tutta la catena ne risente, anche se tutti gli altri lavorano al meglio. Se, ad esempio, un agricoltore utilizzasse degli antiparassitari non ammessi, questi potrebbero essere presenti anche nei mangimi e di conseguenza nel latte e nei derivati; a questo punto però, anche se l’errore fosse responsabilità di un solo anello, il consumatore perderebbe fiducia nell’intera filiera, poiché questa non è stata in grado di garantire adeguata sicurezza alimentare.

Rintracciabilità e tracciabilità
La rintracciabilità è definita all’Articolo 3 di questo regolamento come “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione”. In pratica significa avere la possibilità di ripercorrere il processo produttivo da valle a monte, dal prodotto finito all’origine della materia prima, ad esempio dal formaggio che arriva in tavola all’allevamento che ha fornito il latte per produrlo. In caso di emergenze di carattere sanitario o di frode, è così possibile individuare esattamente il punto in cui si è verificato il capitolo, capirne le cause, ritirare dal commercio, se necessario, tutti i prodotti appartenenti allo stesso lotto e mettere in atto azioni correttive e di prevenzione.
Ovviamente non si può rintracciare il percorso del prodotto se prima non è stato tracciato.
Con il termine tracciabilità si indica il percorso da monte a valle, la possibilità di seguire le materie prime, i luoghi e le tecniche di produzione lungo la filiera produttiva.
Tracciabilità e rintracciabilità sono dunque due importanti strumenti in grado di offrire al consumatore finale, tramite le informazioni in etichetta, maggiore trasparenza, garantendogli nel contempo un elevato grado di sicurezza e, se abbinate a sistemi di controllo e autocontrollo (ISO 9001/2000, manuali HACCP), anche un elevato grado di qualità.

Il ruolo dell'industria di trasformazione e della distribuzione per la sicurezza e la qualità
L'industria di trasformazione lattiero-casearia si trova al centro della filiera: a monte c'è l'allevamento, a valle la distribuzione. Dal 1° aprile 2004 coloro che producono latte alimentare vaccino, in applicazione del decreto ministeriale del 24 luglio 2003 (che disciplina il sistema di rintracciabilità del latte al fine di assicurare la più ampia tutela del consumatore), hanno l’obbligo di adottare il “Manuale aziendale per la rintracciabilità del latte” così da consentire una efficace ricostruzione del percorso produttivo dello stesso. Più in generale, le etichette dei prodotti lattiero-caseari si stanno evolvendo in quanto, oltre a fornire informazioni circa la natura e le caratteristiche nutrizionali, stabiliscono anche l’identità, la storia e l’origine del prodotto. Per i prodotti preconfezionati vengono pertanto riportati: denominazione di vendita, elenco degli ingredienti, tabella nutrizionale, quantità, termine minimo di conservazione e data di scadenza, nome e sede del produttore o del confezionatore, sede dello stabilimento di produzione o confezionamento, numero di identificazione del lotto, modalità di conservazione e di utilizzazione, luogo di origine o di provenienza, bollo CEE (numero di identificazione dell’azienda produttrice a testimonianza del possesso dei requisiti igienico-caseari).
Tutto questo a garanzia della sicurezza alimentare del consumatore e della qualità alimentare delle produzioni.

CHE COS’È IL FORMAGGIO
Il formaggio è il prodotto che si ottiene dal latte intero o scremato, oppure dalla crema, in seguito a coagulazione - naturale o provocata - anche facendo uso di fermenti lattici e di sale da cucina.
Il latte, crudo o pastorizzato, può essere di vacca, di capra, di pecora o di bufala, oppure una sapiente miscela di alcuni di questi; in ogni caso la composizione chimica del latte, e in particolare la sua qualità, determinano il gusto e la buona riuscita del formaggio.
I trattamenti iniziali della materia prima (refrigerazione, pastorizzazione e scrematura), le caratteristiche della lavorazione (cottura o meno), nonché i tempi e i modi di stagionatura, concorrono a definire le varie tipologie di formaggio.

Come si fa il formaggio
La trasformazione del latte in formaggio è il risultato di tre tappe fondamentali: la coagulazione del latte che dà origine alla cagliata, lo spurgo del siero, la maturazione o stagionatura della cagliata.
Dopo il trattamento del latte e l’eventuale correzione del suo tenore di grasso, si avvia il processo che sta alla base della trasformazione del latte in formaggio: la coagulazione. Essa consiste nella precipitazione della caseina, contenente la maggior parte del grasso presente nel latte, che si separa dalla parte liquida, il siero, nel quale rimangono disciolti acqua, lattosio e zuccheri.
La coagulazione può avvenire per acidificazione, grazie all’azione dei fermenti naturalmente presenti nel latte, oppure più frequentemente per via enzimatica utilizzando il caglio o presame, che è una sostanza ricavata dallo stomaco di vitelli, agnelli o capretti. Il latte, oltre che con il caglio, può essere addizionato di batteri appositamente selezionati per conferire al formaggio determinate caratteristiche, nel qual caso si parla di innesto selezionato. Tipico è il caso dell’innesto fungino impiegato per favorire lo sviluppo di muffe nobili nel gorgonzola.
Una volta formata, la cagliata viene “rotta” con un apposito strumento, lo spino, in pezzi della dimensione di un’arancia o di una noce, se si vogliono ottenere formaggi a pasta molle, di un fagiolo, per i formaggi a pasta semidura, di un chicco di riso per i formaggi a pasta dura; la cagliata viene poi lasciata a riposo nel siero, oppure cotta a seconda che il formaggio sia a pasta cruda o cotta. La cagliata sminuzzata, lasciata riposare per un breve periodo, si contrae formando una massa solida che viene estratta dalla caldaia in cui si trova e ripartita negli stampi (fascere), dove può subire la pressatura per ottenere una pasta più consistente.
Successivamente le forme passano alla salatura, a secco o in salamoia, che ha lo scopo di insaporire, ma anche di aumentare la conservabilità del formaggio.
A questo punto inizia l’ultima fase, la maturazione o stagionatura, che può durare da poche ore fino a molti mesi a seconda del tipo di formaggio. Essa infatti varia per durata e condizioni ambientali e consente l’instaurarsi di processi biochimici che comportano cambiamenti di composizione e struttura del formaggio, in modo da favorire la formazione di aromi e sapori tipici per i differenti formaggi.

Classificazione dei formaggi
I formaggi possono essere suddivisi in diverse categorie a seconda del contenuto di grassi, della consistenza, del tipo di latte utilizzato, della temperatura di lavorazione della cagliata e del periodo di stagionatura.
In base al contenuto di grasso sulla sostanza secca (ciò che resta dopo l'allontanamento dell'acqua) si possono differenziare:
• formaggi preparati con latte intero, il cui contenuto di grasso è superiore al 35% della sostanza secca (fatta eccezione per quelli DOP e per i tipici che restano regolati dai rispettivi disciplinari di produzione);
• formaggi leggeri, quando il contenuto di grasso varia tra il 20 e il 35% della sostanza secca;
• formaggi magri, preparati con latte scremato, con contenuto di grasso inferiore al 20% della sostanza secca.
In base alla consistenza, che è in stretta correlazione con il contenuto di acqua, si distinguono:
• formaggi a pasta molle, con un contenuto di acqua superiore al 45%;
• formaggi a pasta semidura, se il contenuto d'acqua è compreso tra il 40 e il 45%;
• formaggi a pasta dura, quando il quantitativo di acqua è inferiore al 40%.
In base al tipo di latte utilizzato si ottengono:
• formaggi vaccini;
• formaggi caprini;
• formaggi pecorini;
• formaggi bufalini;
• formaggi misti.
In base alla tecnologia e, in particolare, alla temperatura di lavorazione della cagliat, si definiscono:
• formaggi a pasta cruda, quando la cagliata non subisce alcun riscaldamento;
• formaggi a pasta semicotta, quando il riscaldamento della cagliate non supera i 48°C;
• formaggi a pasta cotta, se ottenuti riscaldando la cagliata oltre i 48° C.
I formaggi a pasta filata, caratterizzati da una filatura della cagliata in acqua calda, possono rappresentare un gruppo a sé stante.
In base al periodo di stagionatura, i formaggi possono essere suddivisi in:
• formaggi freschi, quando non subiscono stagionatura e vengono consumati entro pochi giorni dalla produzione;
• formaggi stagionati a maturazione breve, la cui stagionatura non supera il mese;
• formaggi stagionati a maturazione media, quando il periodo di stagionatura non supera i 6 mesi;
• formaggi stagionati a maturazione lenta, dai 6 mesi di stagionatura in poi.

E' importante sottolineare che il periodo di maturazione e il periodo di durata del prodotto sono due cose completamente differenti. La data di scadenza, infatti, indica il lasso di tempo in cui il prodotto finito può essere conservato in condizioni idonee.
Un discorso a parte meritano il mascarpone, che si ottiene per acidificazione della crema di latte ed è quindi ad elevato contenuto lipidico e la ricotta, che non può essere definita formaggio in quanto ottenuta dalla cottura del siero, che è un residuo della lavorazione casearia.

Aspetti nutrizionali
L’importanza essenziale dei formaggi nel quadro di una alimentazione sana ed equilibrata discende direttamente dalla peculiare valenza nutrizionale trasmessa dal prodotto d’origine: il latte.
Il formaggio è un ottimo alimento, energetico e ricco di proteine, sali minerali e vitamine. Contiene praticamente gli stessi principi nutritivi del latte di partenza, ad eccezione di una parte di proteine che restano nel siero. Nel prodotto finito, tuttavia, gli elementi nutritivi sono presenti in quantità molto più concentrata, tanto da rappresentare una delle maggiori fonti di proteine di alto valore biologico, vale a dire di sostanze indispensabili per l’accrescimento, il mantenimento e il rinnovo dei tessuti del corpo umano. L’apporto energetico è però fornito principalmente dai grassi, presenti in modo considerevole.
Il formaggio è inoltre la migliore fonte alimentare di calcio e una delle migliori di fosforo, due elementi che hanno fondamentale importanza nello sviluppo e nel mantenimento del sistema osseo. A queste sostanze si uniscono diversi oligoelementi preziosi per il nostro organismo, anche se si rileva l’esiguo apporto di ferro. Quanto alle vitamine, alla maggior parte di quelle contenute nel latte, si aggiungono quelle che si sviluppano nel corso della maturazione. Abbondanti sono le vitamine A e B2; è invece scarsa o nulla la presenza di vitamine B1, C e D.
Sebbene dunque non sia un alimento completo nel vero senso della parola, il formaggio è un alimento di alto pregio e di elevato contenuto proteico.
Talvolta però, il latte viene escluso dalla dieta alimentare perché risulta poco digeribile, per cui molti soggetti si definiscono “intolleranti”. A questo proposito è bene chiarire che la difficoltà della digestione del latte dipende dalla scarsa presenza nello stomaco di un enzima chiamato lattasi che ha la funzione di digerire il lattosio (zucchero del latte). E' interessante osservare che non tutti coloro che hanno un deficit di questo enzima presentano i sintomi quando assumono alimenti contenenti lattosio.

Composizione dei formaggi per 100 g    

Composizione dei formaggi per 100 g

Freschi o a maturazione

breve (meno di 1 mese)

A maturazione media

(da 1 a 3 mesi)

A maturazione lunga

(più di 3 mesi)

 

a* b*

 

 

Acqua          (g)

55,70 53,50

41,70

30,80

Proteine       (g)

21,10 18,10

21,90

33,20

Grassi          (g)

15,50 25,10

29,50

26,70

Carboidrati  (g)

6,10 -

-

-

Kcal

239 300

350

379

Calcio          (mg)

162 650

740

1250

Riboflavina  (mg)

0,18 0,51

0,38

0,35

*a: freschi e a pasta filata    *b: molli (Fonte: Tabelle di composizione degli alimenti, Istituto Nazionale della Nutrizione)


FORMAGGI A DENOMINAZIONE DI ORIGINE
Non è sufficiente la forma per fare un buon formaggio. Per tutelare il consumatore esistono le cosiddette denominazioni di origine, promosse da consorzi di produttori e tutelate a livello comunitario con un riconoscimento ufficiale che comporta l’adozione di un disciplinare di produzione e il deposito di un marchio unico.
La Denominazione di Origine Protetta (DOP) rappresenta la massima garanzia di tipicità e serve a designare un prodotto agricolo o alimentare originario di una certa regione o paese, le cui caratteristiche dipendano essenzialmente o esclusivamente dall’ambiente geografico, comprensivo dei fattori naturali ed umani, e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengano nell’area geografica determinata, compresa la provenienza delle materie prime.
L’Indicazione Geografica Protetta (IGP) si riferisce ad un prodotto originario di una regione, di un luogo specifico o di un paese, di cui le caratteristiche possano essere attribuite all’origine geografica, e di cui almeno una fase della produzione avvenga nella zona individuata.
La Specialità Tradizionale Garantita (STG) definisce un prodotto le cui materie prime, la composizione o ricetta, il metodo di produzione o la trasformazione siano di tipo tradizionale.

La produzione di formaggi si rivela a volte fondamentale per lo sviluppo e l’economia di tante zone geografiche “marginali”. Le variabili di produzione sono pressoché infinite: tipo di latte, livello di grassi, tipo di cagliata, cottura della stessa, formatura, pressatura, salatura, diversi gradi di stagionatura, che portano ad un ampia gamma di sapori e proprietà organolettiche particolari.
I formaggi DOP vantano origini storiche (taluni addirittura di epoca romana), possiedono un disciplinare, ed i produttori che lo hanno sottoscritto si sottopongono ad un controllo da parte di un ente terzo, autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
La politica di tutela della qualità e della tipicità del prodotto per mezzo delle denominazioni non è soltanto un’esigenza culturale, ma anche una necessità di carattere economico e sociale. Infatti, le azioni di massima valorizzazione del latte, realizzate nelle zone di produzione marginali con produzioni di formaggi limitate, possono dar luogo a una serie di benefici territoriali importanti, creando reddito e scongiurando in parte il fenomeno dell’emigrazione giovanile.

 

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