Senza lattosio

L’intolleranza al lattosio

É un disturbo abbastanza frequente, ma cosa lo provoca? Come può rimediare chi ne soffre?

L’intolleranza che alcune persone presentano nei confronti del latte è, nella maggior parte dei casi, dovuta ad uno dei suoi costituenti, il lattosio, per cui si parla più correntemente di intolleranza al lattosio.
Quest’ultimo è lo zucchero contenuto nel latte, ed è costituito da due zuccheri semplici, il glucosio ed il galattosio.
Per  intolleranza al lattosio si intende l’incapacità che alcuni individui manifestano nel digerire questo zucchero, con conseguenti sintomi gastrointestinali quali flatulenza, meteorismo, crampi e diarrea. Ciò è provocato da una carenza di lattasi, un enzima prodotto dalle cellule intestinali, che scompone il lattosio nei suoi costituenti (il glucosio ed il galattosio) che solo così possono poi essere assorbiti.
Tutti i neonati possiedono questo enzima (una sua carenza in questo stadio è rarissima) ed un suo deficit durante il primo anno di vita è spesso la conseguenza di patologie intestinali, che ne danneggiano l’epitelio (la lattasi si trova sul bordo delle cellule): una volta guariti e ricostituita quindi l’integrità delle cellule delle pareti, riprende una normale capacità digestiva.
Dopo lo svezzamento l’attività lattasica diminuisce secondo un andamento geneticamente prestabilito e solo poche popolazioni al mondo la mantengono anche nell’età adulta.
L’intolleranza al lattosio nell’età adulta non è quindi da vedersi come una malattia, ma come un normale fatto previsto dalla natura.

I NUMERI:
Circa il 75% della popolazione mondiale perde la lattasi dopo lo svezzamento.
In Italia soffre di intolleranza al lattosio, da Nord a Sud, dal 15-20% al 50% della popolazione.

La sua diffusione è ampiamente variabile, a seconda delle aree geografiche e delle differenti etnie: nei paesi scandinavi (dove si registra la più bassa prevalenza) ne è interessato circa il 3% della popolazione adulta, mentre quasi il 100% degli indiani del Nord America, gli aborigeni australiani e le popolazioni del sud-est asiatico la manifestano.
In Italia ci si assesta tra il 15-20% ed il 50% della popolazione, con un’incidenza crescente da nord a sud.
E’ da notare che, osservando i dati a livello mondiale, le popolazioni che presentano la maggior frequenza di carenza di lattasi di “tipo adulto” coincidono con quelle zone dove il consumo di latte è più basso.

LE MANIFESTAZIONI CLINICHE
Come detto in precedenza, chi presenta un deficit di lattasi, accusa diarrea, dolore addominale diffuso, crampiforme, distensione addominale, flatulenza.
La diarrea è dovuta al fatto che il lattosio indigerito (cioè non scomposto in glucosio e galattosio) ha un’azione osmotica, cioè richiama grandi quantità di acqua, che non viene quindi assorbita.
Una volta che questo zucchero, durante il transito intestinale, ha raggiunto il cieco, subisce una fermentazione da parte della microflora, con conseguente produzione di gas ed altre sostanze che hanno anch’esse un’azione osmotica.
E’ interessante osservare che non tutti coloro che hanno un deficit di questo enzima presentano i sintomi quando assumono alimenti contenenti lattosio. Questo fatto si spiega se si considera che esistono differenti livelli di carenza di lattasi (e quindi diversi gradi di intolleranza), per cui un soggetto può ingerire tranquillamente 12 grammi di lattosio e non avere problemi, ma non digerirne 20, mentre un altro può digerirne 20 ma non 30.
La quantità di lattosio è quindi fondamentale nel determinare la comparsa dei sintomi, anche se non è il solo fattore: infatti influiscono anche i tempi di transito nel tratto gastrointestinale (un transito più lento fornisce all’enzima il tempo  di scindere in maggior quantità il lattosio introdotto), gli alimenti con i quali il lattosio è ingerito (alcune ricerche mostrerebbero che l’assunzione contemporanea di fibre mitiga l’intolleranza) ed anche un adattamento giornaliero a piccoli carichi di questo zucchero ha effetti benefici (viene selezionata, e quindi si sviluppa, una microflora intestinale che fermenta “in positivo” il lattosio).

IL BREATH TEST
Recentemente è stata svolta un’indagine epidemiologica, finanziata dall’Istituto Danone, per valutare l’impatto che l’intolleranza al lattosio aveva sulle abitudini alimentari della popolazione in esame ed è stato inoltre considerato il rapporto tra autodiagnosi e reale deficit di lattasi.
Il campione preso in esame era costituito da 323 persone di un paese di 1400 abitanti, in provincia di Palermo, di ogni fascia di età.
A tutti i partecipanti è stata fatta compilare una scheda in cui essi descrivevano la propria dieta ed in seguito sono stati sottoposti a “breath test”, dopo aver assunto 25 grammi di lattosio (l’equivalente di quello contenuto in 500 ml di latte); ai bambini è stato somministrato 1 g di questo zucchero per Kg di peso corporeo.
Questo test si basa sul principio che, nei soggetti con deficit di lattasi, il lattosio è fermentato dalla microflora intestinale, con produzione di idrogeno. Quindi, misurando i livelli di tale elemento nell’aria espirata, si risale alla quantità di lattosio fermentata dai batteri intestinali. Ovviamente, più elevata è la concentrazione di idrogeno, più scarsa è la produzione di lattasi dell’individuo e quindi maggiore è  il suo grado di intolleranza.
Si sono fatti quindi espirare i soggetti dentro un palloncino ogni 30 minuti per tre ore a partire dall’ingestione del lattosio.
Si è considerato intollerante chi ha avuto una concentrazione di idrogeno superiore a 20 ppm. Dopo 24 ore i soggetti sono stati riconvocati ed è stato chiesto ad ognuno se avesse accusato diarrea, flatulenza, dolori addominali o altri sintomi specifici.
Dai dati raccolti è risultato che 117 persone su 323 (36,2%) non erano in grado di digerire il lattosio; di questi 104 (32,2%) erano asintomatici, mentre solo 13 (4%) mostravano disturbi clinicamente rilevanti.
Confrontando poi i risultati ottenuti con le abitudini alimentari dichiarate dai soggetti, si è osservato che coloro che erano intolleranti consumavano un quantitativo di latte ed assumevano una quantità di calcio significativamente inferiori agli altri.

IL PROBLEMA DEL CALCIO

Questo studio ha quindi evidenziato un importante problema correlato all’intolleranza al lattosio: la scarsa assunzione di calcio.
Infatti, nonostante la quota giornaliera raccomandata (RDA) sia di 800/1000 mg/die, i soggetti senza problemi di intolleranza ne assumevano circa 600, mentre il valore scendeva a 400 mg per gli intolleranti. Come si può facilmente intuire, questo scarso apporto dietetico di calcio ha serie ripercussioni sulla prevenzione dell’osteoporosi.

LE ALTERNATIVE

Oggigiorno esistono in commercio dei tipi di latte a ridotto o nullo contenuto di lattosio, ottenuto mettendo il latte normale a contatto con la lattasi, in modo che il lattosio in esso contenuto risulti, per così dire, predigerito.
Una soluzione al ridotto apporto di calcio dietetico dovuto all’intolleranza al lattosio è, ad esempio, il consumo di yogurt, poiché il lattosio presente nel latte di partenza è fermentato dai batteri lattici per produrre acido lattico (che conferisce il caratteristico gusto acido dello yogurt e provoca la coaugulazione del latte), cosicché il contenuto di questo zucchero nell’alimento risulta ridotto del 30-40%. Inoltre i fermenti lattici (che per legge devono essere vivi e vitali fino alla data di scadenza) possiedono una lattasi (la betagalattosidasi) che si attiva una volta che questi giungono nel duodeno e nel digiuno.
Un altro alimento solitamente ben tollerato è il formaggio grana: 100 g di questo prodotto forniscono 1340 mg di calcio.
In generale, tutti i formaggi stagionati forniscono un valido apporto di questo elemento, a fronte di uno scarsissimo contenuto di lattosio, poiché questo viene utilizzato durante la stagionatura dai batteri presenti (che sono voluti) per la produzione di aromi tipici. Al contrario, i formaggi freschi non hanno subito questa fermentazione, per cui mostrano un contenuto di lattosio pari o di poco inferiore a quello del latte di partenza.
Nella tabella che segue sono riportati alcuni esempi di latte e derivati, con i relativi tenori di lattosio e calcio:


Prodotto                                                                      Tenore di lattosio      Tenore di calcio
Latte intero, parzialmente o totalmente scremato             4,8 g                               120 mg
Latticello/ siero di latte                                                    3 – 5 g                               110 mg
Latte privo di lattosio                                             Tracce: 0,4%                               120 mg
Yogurt/ latte acidulato                                                     4 – 5 g                               120 mg
Formaggio a pasta extra dura (Sbrinz e Parmigiano)    Assente                    1200–1400 mg
Formaggio a pasta dura (Emmenthal e Groviera)          Assente                              1100 mg
Formaggio a pasta semi dura (Tilsit, Raclette)                 Tracce                       600 – 900 mg
Formaggio a pasta morbida (Camembert, Brie)               Tracce                       250 – 600 mg
Formaggio fresco (ricotta, mozzarella)                           3 – 4 g                       100 – 500 mg
Burro                                                                               Tracce                             Tracce
Panna                                                                            3 – 5 g                              Tracce
Dati per ogni 100 g o 100 ml. (Fonte: Coop)

LE ALTERNATIVE VEGETALI
Infine, per coloro che per svariati motivi risultassero comunque intolleranti a latte e derivati, (per esempio chi è allergico alle proteine del latte) esistono fortunatamente altre fonti di calcio, come  quelle riportate in tabella:

Calcio negli alimenti (milligrammi)
Alimento                                          Porzione    Calcio
Fichi secchi                                         10 fichi      269 mg
“total cereal”                                ¾ di tazza      250 mg
Broccoli, bolliti                             (1 tazza)94        38 mg
Cavoletti di Bruxelles                    (n. 8)    56        32 mg
Succo d’arancia arricchito di calcio       300 cl      250 mg
Tofu, crudo                                       ½ tazza      179 mg
Fagioli stufati                                    1 tazza      128 mg
Cavolo verde, bollito                         1 tazza        90 mg
Arancia                                             1 media        52 mg
Uva passa                                      2/3 tazza        53 mg
Ceci in scatola                                   1 tazza        77 mg
Fonte: Valori del Cibo di Porzioni Comunemente Usate di J.A.T. Pennington, Bowes, e Church. (Philadelphia: J.B. Lippincott. 1994)

In questi casi, il latte può essere sostituito da alimenti a base di soia o di riso; il tofu (formaggio di soia) può rimpiazzare  i formaggi freschi ed anche gelati e dessert  sono stati realizzati sostituendo il latte con questo vegetale.
É inoltre importante sapere che tutti i vegetali a foglia verde (broccoli, cavoli spinaci), i fagioli e la soia sono ottime fonti  di calcio. 

 

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